Infortuni sul Lavoro: la responsabilità del datore di lavoro non è "automatica"

16.04.2020

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 11/02/2020), n. 3282

La violazione dell'art. 4, lett.c) del d.P.R. n. 547 del 1955 non può essere desunta dalla mera verificazione dell'evento infortunistico.
L'obbligo di controllo del datore di lavoro non può essere tale da far configurare una sorveglianza continua del lavoratore, non potendo essere richiesto al titolare della posizione di garanzia una persistente attività di costante verifica dell'utilizzo dello strumento di sicurezza.
Pur valorizzando la "funzione dinamica" che va attribuita alla disposizione di cui all'art. 2087 c.c., in quanto norma diretta a spingere l'imprenditore ad attuare, nell'organizzazione del lavoro, un'efficace attività di prevenzione attraverso la continua e permanente ricerca delle misure suggerite dall'esperienza e dalla tecnica più aggiornata al fine di garantire, nel migliore dei modi possibili, la sicurezza dei luoghi di lavoro, la responsabilità datoriale non è suscettibile di essere ampliata fino al punto da comprendere, sotto il profilo meramente oggettivo, ogni ipotesi di lesione dell'integrità psicofisica dei dipendenti e di correlativo pericolo.L'art. 2087 c.c., non configura infatti un'ipotesi di responsabilità oggettiva (ex plurimis, Cassazione civile sez. lav., 23/05/2019, n.14066) essendone elemento costitutivo la colpa, intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore.

Non vi è un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un ambiente di lavoro a "rischio zero" quando di per sè il pericolo di una lavorazione o di un'attrezzatura non sia eliminabile, neanche potendosi ragionevolmente pretendere l'adozione di strumenti atti a fronteggiare qualsiasi evenienza che sia fonte di pericolo per l'integrità psicofisica del lavoratore, ciò in quanto, ove applicabile, avrebbe come conseguenza l'ascrivibilità al datore di lavoro di qualunque evento lesivo, pur se imprevedibile ed inevitabile.

Come più volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 12347/2016; Cass. 11981/2016) non si può automaticamente presupporre, dal semplice verificarsi del danno, l'inadeguatezza delle misure di protezione adottate, ma è necessario, piuttosto, che la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto.L'assolvimento degli obblighi imposti dalla norma di prevenzione, dev'essere verificato con riguardo alle peculiari caratteristiche dell'impresa, ai tipi di lavorazione ivi effettuati, all'entità del personale e ai diversi gradi di rischio.Ciò non comporta, sempre ed in ogni caso, una sorveglianza ininterrotta o la costante presenza fisica del controllore accanto al lavoratore, ma può anche sostanziarsi in una vigilanza generica, seppure continua ed efficace, intesa ad assicurare nei limiti dell'umana efficienza, che i lavoratori seguano le disposizioni di sicurezza impartite ed utilizzino gli strumenti di protezione prescritti (Cass. 10066/1994).

di Avv. Giovanni Stefano Messuri
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