SUL CONTROVERSO RINNOVO DEI CONTRATTI PUBBLICI

14.05.2020

Si può rinnovare un contratto pubblico?

A nostro avviso, in presenza di determinate condizioni, si.

Si deve partire dall'art. 6, comma 2, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 che, nel vietare, a pena di nullità, il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni, aveva previsto (ultimo periodo), che “… entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”.

Successivamente però, il primo comma dell'art. 23 della L. 62/2005 (Legge Comunitaria 2004) sopprimeva tale ultimo periodo; introducendo, con il secondo comma, la fattispecie della proroga tecnica (applicabile unicamente per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica e a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi e che il bando di gara venga pubblicato entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge).

Ci si deve chiedere se con la soppressione dell'ultimo periodo dell'art. 6 comma 2 della L. 573/93 il legislatore avesse inteso vietare in maniera radicale ogni forma di rinnovo, quindi non solo quello tacito.

Deve ritenersi che se quella fosse stata la reale intenzione, il legislatore lo avrebbe stabilito espressamente.

Appare più verosimile quindi ritenere, anche in applicazione dell'antico brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit, che la volontà del legislatore fosse quella di vietare esclusivamente il rinnovo tacito, delegando al potere discrezionale della PA la facoltà di introduzione, nella lex specialis, di clausole di rinnovazione del contratto.

Tale lettura troverebbe conferma nell'art. 35 comma 4 del Dlgs. 50/2016, ed ancor prima nel Dlgs. 163/2006, che impone all'atto della stima del valore di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture, di tener conto di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara.

Orbene – e a meno di non voler considerare la norma in parola inutilmente prevista o una svista del legislatore (ipotesi francamente non credibile dal momento è presente sia nel Dlgs. 163/2006 che nel Dlgs. 50/2016) – l'operatività della stessa non può che presupporre il riconoscimento in capo alla stazione appaltante della facoltà di rinnovo.

Un'altra conferma nel senso sin qui indicato proviene dalla delibera n. 1228 del 22 novembre 2017 con cui ANAC ha approvato il bando tipo n. 1 (per l'affidamento di servizi e forniture nei settori ordinari, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, aggiudicati all'offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo) nel quale è presente la seguente clausola: “4.2 OPZIONI E RINNOVI la facoltà per la [Facoltativo: rinnovo del contratto] La stazione appaltante si riserva la facoltà di rinnovare il contratto, alle medesime condizioni, per una durata pari a ……[indicare una durata non superiore a quella del contratto iniziale], per un importo di € ……………..……, al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge, nonché degli oneri per la sicurezza dovuti a rischi da interferenze. La stazione appaltante esercita tale facoltà comunicandola all'appaltatore mediante posta elettronica certificata almeno ……. [indicare i giorni/mesi] prima della scadenza del contratto originario.

Se ne ricava l'ammissibilità del rinnovo, purché:

  • sia stato previsto nei documenti di gara,
  • se ne sia tenuto conto nella determinazione del valore dell'appalto al fine di neutralizzare intenti elusivi
  • la procedura di aggiudicazione scelta per l'affidamento del contratto (da rinnovare) sia compatibile con il valore complessivo dell'appalto (valore base + valore rinnovo).

In merito al contenuto del rinnovo, segnalo che il Consiglio di Stato con il n. 855 del 01/04/2016, reso in vista dell'approvazione definitiva del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ha avuto modo di chiarire che“… In base al diritto europeo il rinnovo del contratto è consentito solo se rimane immodificato il suo contenuto (e ciò perché sin ab origine, cioè sin dalla indizione della gara originaria, gli operatori economici devono essere in grado di valutare la convenienza della partecipazione e delle previsioni contrattuali). In altri termini, se vi è la modifica del contenuto del contratto vi è un nuovo contratto: e ciò comporta la necessità di una specifica gara. Non si può dunque prevedere che sia modificato il contratto ‘rinnovato': vanno conseguentemente soppressi tutti i richiami alla possibilità di modificare il contenuto del contratto rinnovato”).  

Vero è anche che la gran parte della giurisprudenza, nel definire il rinnovo non ha escluso che il contratto rinnovato possa contenere parziali modifiche alle pattuizioni originarie; è il caso del Tar Campania 1312 del 02/04/2020 che, incidentalmente, ha ribadito che “…la differenza tra rinnovo e proroga di contratto pubblico sta nel fatto che il primo comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali; la seconda ha invece come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall'atto originario” (in termini anche Consiglio di Stato 1337/2018)

Aderendo a tale impostazione, è possibile per esempio rispondere positivamente ad un quesito che spesso di viene rivolto, ovvero se in occasione del rinnovo sia possibile l'adeguamento dei prezzi in conseguenza del aggiornamento, nel frattempo intervenuto, del CCNL applicato dall'operatore.

Si tiene da ultimo a precisare che le nostre conclusioni non trovano riscontro nell'indirizzo maggioritario della giurisprudenza che, sul punto, appare improntato a soluzioni contrarie al riconoscimento dell'istituto in esame; come nel caso, da ultimo, del Tar Catanzaro 17/02/2020 n. 259 secondo il quale “… il Consiglio di Stato (Sez. IV, sent. n. 6458 del 31 ottobre 2006) ha affermato che l'eliminazione della possibilità di provvedere – a determinate condizioni ed entro il termine di tre mesi dalla scadenza – al rinnovo dei contratti di appalto scaduti, disposta con l'art. 23 l. n. 62 del 2005, “ha valenza generale e portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell'ordinamento che si risolvono, di fatto, nell'elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici”.

avv. Gianluca Ghirigatto - avv. Paola Piccoli

di Avv. Gianluca Ghirigatto
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