Il divieto di discriminazione indiretta del caregiver familiare
avv. Luca Graldi
Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C. Giustizia UE sez. I, 11 settembre 2025, n. 38) offre l’occasione per riepilogare gli obblighi del datore di lavoro verso i dipendenti in condizioni di fragilità.
La decisione della Corte, scaturita da una questione pregiudiziale sollevata dalla Cassazione italiana, amplia in modo significativo l’ambito di applicazione della Direttiva 2000/78 ed estende la protezione contro la discriminazione nel contesto lavorativo al caregiver che assiste un congiunto disabile.
La Corte di Giustizia ha stabilito che il divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità si applica anche al lavoratore non disabile, ma penalizzato a causa dell’assistenza fornita (quale caregiver) al congiunto disabile.
Nella controversia pendente alla Corte di cassazione, una lavoratrice, caregiver del figlio disabile (soggetto all’osservanza di un piano terapeutico essenziale, non differibile e con orario fisso pomeridiano), chiedeva di accertare il carattere discriminatorio del mancato accoglimento da parte del datore di lavoro della domanda di assegnazione ad un posto di lavoro con orari fissi la mattina (un adeguamento permanente delle sue condizioni di lavoro).
La Corte di Giustizia ha chiarito che il datore di lavoro ha l’obbligo di prevedere ed adottare per il caregiver “accomodamenti ragionevoli“, tra i quali la modifica dell’orario di lavoro, a patto che questo non rappresenti un onere sproporzionato.
La Corte ha richiamato a fondamento della pronuncia:
– l’art. 5 della Direttiva 2000/78/CE che “stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro“;
– gli artt. 24 (Diritti del bambino) e 26 (Inserimento dei disabili) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea;
– gli artt. 2 e 7, paragrafo 1, della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (ratificata in Italia con la Legge n. 18/2009).
In sostanza il datore di lavoro che intenda prevenire contenziosi con i propri dipendenti che versano in condizioni di fragilità (lavoratori disabili, lavoratori con inidoneità sopravvenuta, o caregiver di familiari disabili) deve adempiere a una serie di obblighi di natura positiva e organizzativa, il cui mancato rispetto può determinare condotta discriminatoria.
L’adempimento cardine, sancito dall’ordinamento eurounitario (Direttiva 2000/78/CE, recepita nell’art. 3, comma 3-bis, del D.Lgs. 216 del 2003), è l’obbligo di adottare gli “accomodamenti ragionevoli”.
a) Dovere di ricerca attiva e positiva: accomodamenti ragionevoli.
Il datore di lavoro deve:
- adottare provvedimenti appropriati ed efficaci per consentire in concreto ai disabili (in condizioni di piena eguaglianza con gli altri lavoratori) di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di ricevere formazione e/o di accedere ad una promozione;
- ricercare e adottare possibili soluzioni e misure organizzative appropriate e ragionevoli che siano idonee a consentire lo svolgimento di un’attività lavorativa altrimenti preclusa alla persona con disabilità (l’accomodamento può consistere anche nell’adibizione del lavoratore a mansioni diverse, anche inferiori);
- estendere l’obbligo di accomodamenti ragionevoli anche al lavoratore che assiste un familiare disabile (il caregiver familiare): ad esempio, concedendo una modifica non provvisoria dell’orario di lavoro o l’assegnazione a un posto di lavoro con orari fissi, o ricorrendo a misure come lo smart working;
- dimostrare di aver compiuto ogni possibile sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata atta a scongiurare – tenendo conto di ogni circostanza rilevante nel caso concreto – l’allontanamento della persona con disabilità (e/o del familiare caregiver) dal posto di lavoro.
b) Prevenzione del contenzioso in caso di inidoneità: il licenziamento per inidoneità sopravvenuta.
Nell’ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore disabile, l’onere probatorio a carico del datore di lavoro è particolarmente stringente. Per giustificare il recesso del lavoratore disabile (e prevenirne l’accertamento di nullità per discriminatorietà), il datore di lavoro deve dimostrare:
- lo stato di inidoneità sopravvenuta del lavoratore;
- l’impossibilità di adibirlo a mansioni, anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute;
- l’impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli (ossia, che non richiedano un onere organizzativo e finanziario sproporzionato o eccessivo).
La mancata adozione di accomodamenti ragionevoli in favore di un lavoratore con disabilità costituisce un atto discriminatorio vietato e vizia il licenziamento.
c) Prevenzione del contenzioso legato alla malattia: il licenziamento per comporto.
Quando un lavoratore disabile supera il periodo di comporto (massimo periodo di assenza per malattia), il datore di lavoro ha oneri aggiuntivi per evitare che il licenziamento costituisca discriminazione indiretta.
Se il datore di lavoro acquisisce (per propria iniziativa o per comunicazione esplicita del lavoratore) una conoscenza chiara e oggettiva che il lavoratore si è assentato per una malattia connessa alla disabilità (originaria o sopravvenuta), prima di adottare un licenziamento per superamento del comporto deve verificare se siano attuabili soluzioni ragionevoli, come lo scomputo (non conteggio) dei giorni di malattia dovuti alla disabilità o la previsione di ulteriori accomodamenti.
d) Buona fede.
La prevenzione dei contenziosi richiede che il datore di lavoro agisca in buona fede e in modo trasparente per:
- garantire alla persona con disabilità, al suo rappresentante sindacale e, se presenti, alla RSU e al RLS il diritto di partecipare al procedimento di individuazione dei ragionevoli accomodamenti;
- adottare in buona fede ogni ragionevole accomodamento prima di pretendere la prestazione lavorativa del lavoratore fragile: nel caso in cui il datore di lavoro non abbia attivato gli accomodamenti ragionevoli, il lavoratore può rifiutare di eseguire la prestazione (ai sensi dell’art. 1460 c.c.).
Il rifiuto dell’accomodamento ragionevole costituisce atto discriminatorio.
In sintesi, per prevenire contenziosi con dipendenti fragili, il datore di lavoro deve adottare un approccio di solidarietà sociale, attivando una ricerca positiva e documentata di soluzioni organizzative specifiche (accomodamenti ragionevoli) ogni volta che le condizioni di salute del lavoratore o le sue esigenze di caregiving lo richiedano, al fine di garantire il mantenimento del posto di lavoro (e di non porre il lavoratore fragile in una posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori), salvo il caso di onere sproporzionato.